Lavoro agile, stress tecnologico e risorse per il benessere

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Lavoro agile, stress tecnologico e risorse per il benessere

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Quando si parla di smart working o lavoro agile ci si riferisce ad una modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, regolamentata in Italia dalla Legge n. 81 del 2017, la quale prevede un accordo scritto tra le parti e garantisce parità di trattamento economico e normativo, riconosce il diritto all’apprendimento permanente e la tutela della salute e sicurezza delle lavoratrici e lavoratori che vi ricorrono.

Dalla ricerca condotta dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano emerge che questa modalità di impiego, ancora di nicchia, si sta diffondendo e nel 2019 contava circa 570 mila utenti, con un incremento del 20% rispetto al 2018.

La percentuale di grandi imprese che ha avviato al suo interno progetti di lavoro agile è del 58%, in lieve crescita rispetto al 56% del 2018. Anche tra le piccole e medie imprese si rileva un aumento della sua diffusione: i progetti strutturati, infatti, passano dall’8% del 2018 al 12% nel 2019, quelli informali dal 16% al 18%. Ma è nella Pubblica Amministrazione che si registra l’incremento maggiore, tanto è vero che i progetti strutturati di lavoro agile passano dall’8 al 16% in un anno.

La stessa indagine si è anche occupata di rilevare le percezioni degli attori coinvolti: secondo le organizzazioni i principali benefici dello smart working sono rappresentati dal miglioramento della conciliazione tra tempo di vita e di lavoro (46%), la crescita della motivazione e del coinvolgimento dei dipendenti (35%). Allo stesso tempo, la gestione degli smart worker dal punto di vista dei manager presenta anche delle criticità relative alla gestione delle urgenze (34%), all’utilizzo delle tecnologie (32%) e alla pianificazione delle attività (26%). Per i lavoratori, invece, la prima difficoltà è riferita della percezione di isolamento (35%), poi vengono le distrazioni esterne (21%), i problemi di comunicazione e collaborazione virtuale (11%) e la barriera tecnologica (11%).

Negli ultimi due mesi, a seguito dell’emergenza COVID-19 e delle misure di lockdown, il mondo del lavoro ha registrato un aumento esponenziale di dipendenti che stanno lavorando da casa e che, molto probabilmente, continueranno a farlo anche nella fase 2 e 3. Nomisma parla di un 56% di lavoratori del settore privato che chiederà di rimanere in queste condizioni e un 30-40% nella Pubblica Amministrazione.

In realtà, l’etichetta di lavoro agile, caratterizzato da autonomia organizzativa, flessibilità oraria e responsabilità legate al raggiungimento di obiettivi, non sempre corrisponde pienamente alle attuali condizioni in cui i confini tra tempo lavorativo e di vita non sono ben definiti e la reperibilità rischia di diventare pressoché illimitata, visto che il tempo che trascorriamo tra video chiamate, webinar e attività svolte da remoto si è dilatato enormemente. Il rischio, perciò, è che il lavoro agile da soluzione al blocco delle attività in presenza, si trasformi in un problema di salute pubblica. Il tecnostress, che può scaturire dall’uso massiccio di dispositivi elettronici, è un fenomeno già documentato, i cui principali fattori scatenanti sono connessi a problemi di funzionamento degli strumenti, sovrabbondanza di informazioni, carichi eccessivi, ritmi serrati, crescente complessità delle attività, apparecchi non ergonomici, esposizione a campi magnetici. E può manifestarsi con il technostrain, una combinazione di alti livelli di ansia, stanchezza, senso di inefficacia, tensione e disagio.

Gianpiero Petriglieri (professore associato a Insead) e Marissa Shuffler (professoressa associata a Clemson) hanno condotto alcune ricerche molto interessanti sulle ripercussioni negative della comunicazione in video, alla quale siamo tutti sovraesposti. Nelle video chiamate è più faticoso decodificare i messaggi non verbali, le nostre menti sono connesse mentre i nostri corpi non lo sono e questo può creare sentimenti contrastanti e una dissonanza che affatica. La comunicazione non è naturale, infatti il silenzio, che normalmente crea un ritmo quando comunichiamo in presenza, in quella mediata dal video non si sa se dipenda dalla tecnologia e anche brevi ritardi nella risposta potrebbero indurci a percepire gli interlocutori come meno cordiali o poco concentrati. Inoltre, il fatto di sentirsi al centro dell’attenzione, come esposti su un palcoscenico, può far sentire una maggiore pressione sociale del gruppo e aumentare l’ansia da prestazione.

Le misure necessarie per contrastare gli effetti indesiderati si muovono sul piano normativo e aziendale. Da un lato possiamo immaginare che si ritoccherà la legge sullo smart working in funzione dello scenario conseguente alla ripresa post emergenza; dall’altro spetterà alle organizzazioni mettere in campo azioni di prevenzione e tutela della salute e sicurezza che possono andare da interventi di alfabetizzazione all’uso dell’ICT, all’assistenza tecnica, fino alla formazione in cui inserire anche percorsi sul benessere, in grado di fornire tecniche e strumenti per prendersi cura di sé.

Il modello dell’Integrating Body-mind Potential, applicato al contesto di lavoro, si pone l’obiettivo di supportare le persone nella ricerca del benessere come pratica quotidiana e non solo, quindi, come strategia contingente per superare uno stato di malessere.

Questa metodologia, basata sugli studi di Jack Lee Rosenberg, è costituita da un insieme di tecniche che permette di attivare volontariamente il sistema nervoso simpatico per aumentare il livello di energia, la concentrazione, la resistenza alla fatica o il sistema parasimpatico quando, al contrario, abbiamo bisogno di rilassarci, di sciogliere delle tensioni, di abbassare il livello di ansia e preoccupazione.

Il lavoro sul corpo, in un rapporto integrato con la sfera emozionale e mentale, rappresenta anche la porta di accesso per riconoscere gli schemi comportamentali rigidi e disfunzionali, agendo in modo positivo sulla qualità delle relazioni e sulla capacità di collaborare per il raggiungimento di obiettivi comuni.

Nei prossimi mesi ci confronteremo con sfide impegnative, condizioni lavorative che ci chiederanno di cambiare profondamente le abitudini relazionali e comunicative, sollecitazioni emozionali legate al senso di incertezza e precarietà, e non sarà facile.

Umanamente saremo messi alla prova e sarà quanto mai necessario dotare le persone di risorse interiori per affrontare la quotidianità con energia, vitalità e fiducia.

Monica Giannoni
Responsabile didattica LAM Consulting srl SB

Se desideri approfondire il tema del Benessere Digitale e le conseguenze che l’utilizzo dei dispositivi tecnologici possono provocare sul livello di concentrazione e produttività delle persone sul piano lavorativo, puoi guardare le video-pillole realizzate da Monica Bormetti, psicologa, ideatrice del progetto Smart Break e partner di LAM Consulting srl SB.

1° Video Pillola: https://www.bodymindatwork.it/che-cose-il-benessere-digitale/

2° Video Pillola: https://www.bodymindatwork.it/che-effetto-hanno-le-distrazioni-digitali/

3° Video Pillola: https://www.bodymindatwork.it/benessere-digitale-cosa-si-puo-fare-in-azienda/