5 motivi per portare il corpo al lavoro

Aumentare la vitalità: attivare il Sistema Nervoso Simpatico
Agosto 5, 2020

5 motivi per portare il corpo al lavoro

In questi ultimi sei anni ho avuto l’opportunità di sperimentare in molte diverse situazioni cosa significa integrare il potenziale del corpo e della mente nei contesti lavorativi. Cercherò ora di riassumere i benefici principali che ho avuto il piacere di osservare direttamente o che mi sono stati riportati attraverso i feedback dei nostri clienti

  1. Aumentare l’efficacia personale.

In un contesto caratterizzato sempre più da  complessità e imprevedibilità, i modelli classici di competenze manageriali si rivelano spesso inadeguati. Il riferimento a degli standard o a delle migliori pratiche che si sono rivelati utili nel passato deve lasciare il posto a nuove abilità: diventa sempre più importante essere fluidi e centrati per rispondere in modo efficace alle sfide; essere presenti e lucidi per poter leggere accuratamente la complessità delle forze agenti sul sistema; saper gestire il proprio livello di energia in modo da poter accedere al proprio repertorio di informazioni e comportamenti al momento del bisogno.

Erica Ariel Fox, docente di negoziazione alla Harvard Law School, nella sua esperienza ventennale come senior advisor e trainer di strategie di negoziazione, ha chiaramente messo a fuoco che “Imparare i comportamenti dei leader non si traduce nell’esecuzione delle pratiche di leadership. Per generare un cambiamento reale – per vedere nuovi comportamenti e ottenere nuovi risultati che durano nel tempo – è necessario attivare qualcosa dentro di te che ti consenta di eseguire l’abilità. Se lo fai, il nuovo comportamento arriverà naturalmente” . Nel suo libro Winning from Within esplicita che: “Sì, possiamo imparare a dire e fare cose utili. Ma alla fine la capacità di raggiungere la padronanza su come conduciamo e viviamo l’uno con l’altro viene da un luogo interiore, quello che io chiamo “centro del benessere”, o ” il nostro “centro”. L’IBP mette a disposizione una serie di strumenti che integrano le risorse del corpo con quelle della mente e permettono di regolare il proprio sistema nervoso per permanere in uno stato ottimale di energia, espansione, tranquillità non solo per calmarsi ma anche per avere accesso a un’intelligenza più ampia.

2. Liberare energia bloccata.

Per approfondire il motivo per cui il focus su di sé e sulla propria interiorità ha il potere di generare un radicale cambiamento nei risultati esteriori, vorrei partire dalla storia di un cliente: una persona di successo che negli ultimi 20 ha ricoperto posizioni chiave in diverse aziende portando sempre risultati importanti; eppure ogni anno, al momento dell’annual review, immancabilmente raccoglieva feedback in cui gli veniva sottolineato che le persone che avevano a che fare con lui professionalmente lo avvertivano freddo e sentivano di avere difficoltà a relazionarsi con lui. Per risolvere questo problema si era affidato a diversi coach che puntualmente gli offrivano indicazioni comportamentali: porta fuori a cena il tuo team, chiedi dei loro figli, dedicati maggiormente all’ascolto… ma tutto questo non aveva mai fatto una reale differenza. Finché un giorno intraprese un lavoro più profondo su se stesso attraverso il quale mise a fuoco un tema:   “Ho scoperto che quando mio fratello è morto ho messo il mio cuore in una cassetta di sicurezza. E finché non mi sono concesso di dare spazio dentro di me a quel senso di perdita, non potevo sentire voi e non potevo sentire me”.[1]

Leggendo queste righe possiamo immaginare l’effetto potente generato da questa condivisione al suo team. Tutti noi possiamo sentire nel nostro corpo la differenza tra un’azione che parte dalla testa e un’azione che è connessa con il cuore e le viscere. Torneremo tra poco sul potere della vulnerabilità. Qui vorrei limitarmi a sottolineare una cosa che tutti noi sentiamo intimamente: gran parte del nostro potenziale è bloccato da qualche parte perché nel nostro percorso evolutivo non abbiamo avuto sempre un sostegno adeguato e, di conseguenza,  siamo stati costretti ad archiviare delle questioni irrisolte. Questo insieme di elementi frammentati spiega tanti sabotaggi che inconsciamente operiamo nei confronti dei nostri obiettivi. L’IBP offre strumenti per scoprire questi frammenti e per ricomporre il mosaico. Molta energia stagnante e dissipata nel tenere a freno queste parti di noi disperse, torna a nostra disposizione e diventa una risorsa di importanza inestimabile anche per i nostri obiettivi di business.

3. Generare un Leadership Team coeso e orientato verso gli obiettivi

Andando ancora più in profondità, l’obiettivo dell’IBP nella visione di Rosenberg è di far emergere il nostro vero sé e permetterci di permanere in esso.  Come avremo modo di approfondire, ritrovare il nostro vero Sé significa riscoprire le parti frammentate di noi stessi, accoglierle e integrarle. In che modo questa cosa può essere decisiva per un leader?

Ci sono tanti motivi per cui è stato facile frammentarci e perdere pezzi di noi stessi: alcune parti non ci sono parse socialmente accettabili, altre sono legate a esperienze talmente spaventose o dolorose che le abbiamo rimosse perfino dalla nostra consapevolezza. Attraverso i successi che abbiamo raccolto e gli apprezzamenti che abbiamo ricevuto, abbiamo probabilmente imparato che per essere apprezzati dagli altri bisogna mostrarci in un certo modo e nascondere altre parti di noi. Ad esempio, l’immagine stereotipata che la società dà di un leader è quella di un condottiero senza debolezze che possa essere di esempio per la sua infallibilità.  Si tratta in realtà di un modello paradossale che porta più problemi a livello organizzativo di quelli che si propone di risolvere.  Anche a livello personale rischia di generare un’armatura così solida da imprigionare e soffocare[2].

Quando un leader è così forte interiormente da potersi permettere di far cadere queste armature e le maschere, accade qualcosa di sorprendente: l’autenticità offre una nuova vibrante forza e apre lo spazio a rapporti di fiducia[3].

E numerosi studi confermano che la fiducia è un elemento cardine perché il proprio team sia coeso e funzionale[4].

La fiducia consente alle persone di comunicare in modo più aperto, di  non dissipare energie in conflitti nascosti e tende a generare, come conseguenza, un team più coeso e responsabile verso i risultati condivisi.  Da questo punto di vista, il viaggio che è possibile fare con l’IBP e che conduce verso la nostra dimensione più autentica, tende ad unire un benessere personale ad una maggiore efficacia come team leader.

4. Creare un’organizzazione a cui le persone desiderano appartenere.

Il tema dell’autenticità si lega a quello estremamente importante oggi dell’engagement. Le organizzazioni sanno che la mancanza di engagement implica dei costi notevoli e sono alla disperata ricerca di soluzioni. Nel   paradigma tradizionale ci si immaginava il senso di appartenenza attraverso il mito del Leader eroico che  riesce a trascinare tutta la propria organizzazione. Facilmente può venirci in mente uno di quei  discorsi da predicatori di stampo hollywoodiano capaci di commuovere e trasportare gli animi di migliaia di dipendenti. Eppure è sempre più evidente che questo modello di leadership non solo sia inadatto ad affrontare la complessità crescente, ma tenda anche a creare, come effetto paradossale, il disimpegno e la disaffezione delle persone[5]. Bill ‘Brian, CEO  di Hanover Insurance dice: “chi crede che il  cambiamento culturale debba avvenire tramite un ‘pressing’ del management, non capisce una cosa fondamentale: un valore è un valore solo quando viene scelto volontariamente”.

F. Laloux, nel suo studio delle organizzazioni con un alto livello di senso di appartenenza, ci parla della wholeness come pilastro fondamentale. Wholeness significa   poter portare nella propria vita lavorativa l’integrità di quello che siamo: i nostri hobbies, le nostre passioni, le nostre emozioni, quelle narrazioni che apparentemente non c’entrano nulla con il nostro ruolo professionale.   Tutto questo  porta risorse nuove, arricchisce tutti e rende la propria vita professionale più appagante; il senso di appartenenza è la conseguenza di questo benessere. Quando la filosofia che permea l’IBP diventa una risorsa condivisa nell’organizzazione, le persone hanno strumenti e un linguaggio attraverso il quale possono creare uno spazio per manifestarsi come persone intere.

5. La bizzarra connessione tra Successo e Felicità.

Tutto questo percorso con l’IBP, la ricerca del vero Sé, coltivare la presenza e cavalcare l’onda della propria energia, ha molto a che fare con la ricerca della felicità. Numerosi ricerche dimostrano che i lavoratori felici hanno un livello più elevato di produttività, generano vendite più elevate, hanno meno probabilità di prendere giorni di malattia. I CEO felici ricevono valutazioni delle prestazioni più elevate e una retribuzione più elevata; hanno maggiori probabilità di guidare team di dipendenti che sono sia felici che sani e che trovano il loro clima lavorativo favorevole a prestazioni più elevate.   Ma qual è davvero la connessione tra avere successo e essere felici?

Da sempre abbiamo pensato che avere successo è sicuramente qualcosa che rende felici. Soprattutto se lo intendiamo in senso ampio e non solo come successo finanziario: coltivare autorealizzarsi, relazioni stabili e di cuore, vivere in modo salutare, avere una famiglia serena ecc.  Sembrerebbe quindi che la freccia causale porti dal successo alla felicità: l’avere successo causa l’essere felici. Questo in effetti è congruente con  l’insegnamento che abbiamo ricevuto: impegnati duramente in qualcosa in modo da aumentare la probabilità di avere successo per poi, alla fine, raccogliere i frutti della felicità.

Il più ampio studio che ha esplorato la relazione tra successo e felicità ha cercato di verificare questa relazione attraverso studi longitudinali[6]: a diversi gruppi di persone veniva valutato il proprio livello di felicità in un momento iniziale per poi verificare, a distanza di tempo, il conseguimento di determinati risultati. Ad esempio prendendo un gruppo di collegiali, è stato misurato il loro livello di felicità e  18 anni più tardi è stato verificato il loro livello di  benessere economico. Altri studi hanno verificato altri parametri di successo: ad esempio uno studio ha preso in considerazione la longevità di un gruppo di suore.

Ciò che è emerso è  evidente: in breve hanno scoperto che la felicità porta al successo e  ai risultati, non il contrario.  In altre parole le suore che a 20 anni erano più felici, non si sentivano così perché sapevano che avrebbero vissuto più a lungo; la durata della loro vita non poteva che essere il risultato della loro felicità, non la causa. 

In sintesi, se non bastasse la ricerca della felicità in sé per giustificare l’impegno ad intraprendere un viaggio alla ricerca del vero sé, la scienza ci conferma che abbiamo anche buone ragioni di business per farlo.